
Maestro di Fossa
Crocifissione; Annunciazione; Madonna con il Bambino in trono
1330-1333 circa
Affresco
350x475
Complesso museale di San Francesco - Primo piano - Pinacoteca
Il grande affresco rappresenta al centro, il Cristo crocifisso con quattro piccoli angeli che gli volano intorno, di cui tre raccolgono il sangue che esce dalle ferite in calici e uno, quello accanto al costato sulla destra, si dispera portando le mani al volto. Al di sotto della Croce, sono a destra la Maddalena e San Giovanni e a sinistra il gruppo delle Marie con lo svenimento della Vergine. All’estrema sinistra della superficie affrescata è una Maestà e dall’altra parte l’Annunciazione. Il dipinto non gode di un buono stato di leggibilità: lacune e abrasioni sono presenti su tutta la superficie. La sua storia conservativa, da quanto si conosce, è stata particolarmente difficile: nel XIX secolo era già malridotta e, come riporta Angelini Rota (1920), nel 1912 l’affresco scomparve. È possibile che fu coperto da una scialbatura rimossa già nel 1942 vista la notizia della visione dell’affresco, probabilmente nella Cappella della Maddalena, da parte di don Aurelio Bonaca. Dalla chiesa di Santa Croce fu strappato negli anni Sessanta del secolo scorso e collocato nella chiesa della Madonna delle Lacrime e poi, nel 1996, nella Pinacoteca Civica. La storia critica del manufatto inizia con lo stesso Guardabassi (1982) che lo citava come opera della scuola di Giotto. L’indicazione fu ripresa da Angelini Rota (1920) ma poi fu fortemente avversata da Bonaca (1942), che datava la pittura al XV secolo e la dava come opera a più mani. Fu Roberto Longhi a rivalutare l’affresco e a porlo come opera estrema del suo Maestro del 1310 (Longhi 1973). Successivamente è Corrado Fratini ad attribuire giustamente l’affresco al più importante e bel pittore del Trecento a Spoleto, il Maestro di Fossa, creato del Maestro del Crocifisso di Trevi e a questo molto legato, ma capace di una pittura più morbida, attenta alle eleganze gotiche di Simone Martini ad Assisi. Con la stessa attribuzione è poi segnalato nelle liste redatte da Filippo Todini (1989). La breve e comprensibile confusione attributiva che ha coinvolto questo grande affresco si spiega da un lato, con il compromesso stato conservativo dall’altro, con l’effettiva vicinanza delle opere più antiche del Maestro di Fossa a quelle del suo possibile maestro. L’affresco della Pinacoteca di Trevi ha invece, tutti i caratteri più tipici del Maestro di Fossa: i volti allungati con le sopracciglia, quasi circolari, gli occhi a mandorla vivi e vispi e soprattutto, una pittura setosa e morbida, allentata rispetto alla crudezza ancora giottesca dei suoi predecessori spoletini. Tutti dettagli che ritroviamo in opere come il Crocifisso di Campello sul Clitunno del 1342 o il grandioso polittico conservato nella Pinacoteca Vaticana. Se l’attribuzione al pittore, seppur non scontata, è senz’altro giusta, è più complicato definire l’altezza cronologica dell’affresco. La Crocifissione affrescata nel convento dei Barnabiti di Campello sul Clitunno, datata al 1342, è l’unico punto fermo per tutto il catalogo del Maestro di Fossa. L’affresco di Santa Croce di Trevi è certamente più antico, privo di quella grazia ed eleganza che invece informa le opere del pittore del quinto decennio. Pur essendo un opera di qualità, le figure sono più sintetiche, i panneggi a piombo non ripetono le ammaccature stupende che invece saranno poi tipiche delle vesti del Maestro negli anni successivi. Si crede quindi, sia un’opera interna alla sua formazione quando ancora era alla ricerca di uno stile personale e definito.
I testi sono tratti dal catalogo "Raccolta d'arte di San Francesco di Trevi" edito da Giunti mentre le immagini sono di proprietà della Regione Umbria e del Comune di Trevi.