
Maestro di Sant'Alò
Crocifisso
Periodo:
1290-’95 circa
Materiale / tecnica:
tempera e argento su tavola
Dimensione:
190x129 cm
place Posizione:
Complesso museale di San Francesco - Primo piano - Pinacoteca
La tavola sagomata a fondo argento rappresenta il Cristo Crocifisso; in alto, sulla cimasa mistilinea e a terminazione cuspidata, è la figura di Cristo in Gloria entro una mandorla azzurra sorretta da angeli mentre, sui potenziamenti finali delle braccia, sono i dolenti. Lo stato di conservazione dell’opera risulta compromesso a seguito di un incendio che ha lasciato segni visibili sulla tavola; esempio di questo è la lacuna sul tabellone destro che ha portato a vista il supporto dell’opera. La Croce ha subìto inoltre, un ridimensionamento nelle tabelle con i dolenti portate alle stesse dimensioni del braccio della croce a scapito della rappresentazione pittorica. Tutto intorno alla raffigurazione doveva correre, in origine, una cornice rialzata sul cui bordo interno era stesa una lacca rossa, di cui rimangono lunghi tratti originali. Il retro è dipinto con una finta marmorizzazione rossa; questo sta a significare che inizialmente era prevista una visione anche da tergo, probabilmente, su un piccolo tramezzo. L’opera proviene dalla chiesa di San Pietro in Pettine, poco fuori Trevi. Tale notizia arriva dalla citazione della tavola da parte di Mariano Guardabassi. Lo studioso è il primo a trattare del Crocifisso e a descrivere la cimasa, seppur erroneamente. La storia critica del dipinto è molto interessante: riportata come di anonimo pittore spoletino dalla Sandberg Vavalà (1929, pp. 739-740), fu rivalutata da Mikos Boskovits che ne suggerì l’attribuzione altisonante al Maestro della Cattura (Boskovits 1981, p. 13). Filippo Todini accoglie con riserva questa indicazione (Todini 1989, p. 343), che invece viene ribadita da Ada Labriola (2000, p. 372) e accettata con cautela da Angelo Tartuferi (2004, p.42) e da Ranucci (in Dipinti Romani, 2004, cat. 8, pp. 70-73). Chi scrive ha recentemente pensato di attribuire, sulla base di confronti stilistici, la Croce di Trevi ad un pittore appartenente al gruppo di artisti che discendono dal Maestro della Cattura: il Maestro di Sant’Alò. Conosciuto per tre tavole reliquiari conservate nel Museo del Ducato di Spoleto e per la testa di un angelo nella chiesa parrocchiale di Morro, egli, è da considerare il primo dei pittori spoletini del Trecento, ancora legato al linearismo della pittura locale duecentesca ma aggiornato sulle novità dei cantieri assisiati. L’eleganza generale del dipinto, con le vesti vibranti e l’incarnato di Cristo movimentato da un bellissimo tratteggio di biacca, sembra riportare alla splendida pittura senese contemporanea facendo, quasi, pensare ad un duccismo umbro. La datazione della Croce quindi, non può allontanarsi molto dagli anni di quel cantiere che gli ultimi studi hanno fissato negli anni del papato di Niccolò IV, tra il 1288 e il 1292. Seppure non si condivide l’attribuzione di Boskovits, l’idea dell’illustre studioso di vedere questo dipinto legato al Maestro della Cattura va tenuta in debita considerazione, per cui la datazione del dipinto non può divergere troppo dall’arrivo di questi sui ponteggi, probabilmente attorno al 1290. Iscrizioni: “I (e) H (su) S NAZAREN (us) REX IUDEO (rum)”, Provenienza: chiesa di San Pietro in Pettine - Trevi, Restauri: 1996, 2013, Coo.Be.C., Spoleto.
I testi sono tratti dal catalogo "Raccolta d'arte di San Francesco di Trevi" edito da Giunti mentre le immagini sono di proprietà della Regione Umbria e del Comune di Trevi.