Museo Casa Rodolfo Siviero > Opere > Medaglioni con figure di discobolo, sedia e quercia



Medaglioni con figure di discobolo, sedia e quercia

Periodo:

1981 circa

Materiale / tecnica:

bronzo e gesso

Dimensione:

diametro cm 20-25 cm

place Posizione:

Museo Casa Rodolfo Siviero - Piano terra - Stanza delle medaglie

I modelli in gesso e i medaglioni in bronzo fanno parte della commissione di Siviero per celebrare con una serie di medaglie commemorative la inaugurazione, poi mai avvenuta, del museo delle opere ritrovate. Il progetto impegnò gli ultimi anni di vita di Siviero ma, dopo la sua morte nel 1983, fu abbandonato e le opere recuperate da Siviero sono state distribuite in vari musei italiani.
I medaglioni in bronzo e i loro modelli in gesso, esposti in questa teca, furono commissionati da Siviero al celebre sculture Giacomo Manzù e dovevano costituire il verso delle medaglie con i ritratti dei personaggi che avevano sostenuto il lavoro di recupero, eseguiti da Antonio Berti e conservati nella teca sul mobile di fronte.
Passando gran parte del suo tempo a Roma, dove aveva l'ufficio, Siviero ebbe occasione di conoscere e fare amicizia con Giacomo Manzù, con il quale condivideva l'idea che l'arte moderna dovesse conservare la tradizione figurativa e la grande capacità manuale del Rinascimento. L'amicizia tra Siviero e Manzù portò alla realizzazione di vari progetti di statue, mostre e alla ammissione di Manzu, nonostante non fosse fiorentino, nella Accademia delle Arti del Disegno.
Per il verso di queste medaglie Siviero concordò con Manzù tre diversi soggetti allegorici. Il Discobolo, rappresentato in due diverse versioni a figura intera e a mezza figura, è simbolo della opera di recupero portata avanti da Siviero. Infatti il primo dei capolavori che Hitler riuscì a portare via dall'Italia, nel 1938 con la complicità del governo fascista che la cedette per compiacere il dittatore tedesco, fu proprio la copia romana del Discobolo di Mirone appartenente al Principe Lancellotti che Siviero poi, con grande abilità diplomatica, riuscì a far restituire all'Italia nel 1948.
La Quercia, in riferimento alla virtù della forza, era il simbolo che Siviero aveva scelto come proprio emblema personale. Una nota del diario di Siviero del settembre 1980, cita questa opera e spiega le ragioni della predilezione di Siviero per l'arte di Manzù “Stasera sono stata a cena da Manzù dove ho anche ricevuto il retro della medaglia per i collaboratori del mio ufficio. La medaglia è bellissima, l'avevo pregato di fare una quercia con rami e radici ed è venuta come volevo rinascimentale e moderna.”
La sedia è un soggetto rappresentato molte volte da Manzù in ricordo della sua origine familiare molto povera; infatti proprio una sedia di paglia fu l'unica eredità che lo scultore ricevette dai suoi genitori contadini. Probabilmente anche Siviero, che era figlio di un maresciallo dei carabinieri, intendeva alludere al fatto che pure lui, nonostante le sue umili origini, era stato in grado di fare grandi cose e raggiungere il successo sociale e la notorietà pubblica. Il giglio sopra la sedia è evidente riferimento alla fiorentinità di Siviero.
Testimonianza della amicizia tra Siviero e Manzù sono anche i quattro disegni esposti nell'armadietto a sinistra del tavolo con le medaglie. Sono tutti disegni preparatori per opere di Manzù degli anni Settanta, tra i quali il Monumento al Partigiano commissionato da Siviero per Firenze, ma poi invece ceduto alla città di Bergamo.